È un venerdì come tanti, quello del 19 luglio 1985 a Stava, un paesino della val di Fiemme, immerso nelle Dolomiti trentine. Ben visibile nella montagna sopra il paese, c’è una miniera di fluorite. Ha bisogno di due bacini di decantazione per funzionare, ma negli anni gli argini sono diventati sempre più fragili. Fino a cedere, alle 12 di un giorno nuvoloso, riversando a valle 180mila metri cubi di fango, che travolgono quattro alberghi, decine di negozi e case, uccidendo così 268 persone, di cui molti turisti. Una “calamità artificiale” causata dall’incuria, che assume subito le dimensioni di una delle peggiori tragedie industriali della storia italiana a vent'anni dal disastro del Vajont. Toccherà al processo dimostrare che il tempo ha insegnato qualcosa, almeno dal punto di vista del diritto. Con la voce dell'ex giudice istruttore Carlo Ancona e la gentile partecipazione di Paolo Girella.