Lingue, minoranze e confini
Gorizia. Anche il suo nome di origine slovena - da “gora”, termine per “montagna", diminutivo “gorica” - è già indicativo della realtà slava nella quale nasce all'inizio dell'undicesimo secolo.
Eppure, nella sua provincia, così come in quella di Trieste, i cognomi delle persone sono stati snaturati e rivoltati nel corso del Novecento per tentare di rimuovere ogni traccia di “alterità slava". Con mio marito, scherzo spesso dicendo che io, slavista di formazione, non l'avrei mai sposato se il suo cognome fosse stato Butti, Buttassi, Bucci o Buttazzoni, tutti cognomi che suo nonno si rifiutò di adottare, rimanendo un Bukovic.
Nel primo dopoguerra ci furono tante dinamiche complesse, manifestazioni del principio nazionale, imposto con la forza, in opposizione al principio imperiale sovranazionale che regnava in precedenza.
Fin dal periodo fascista, negli anni Venti, i germi dell'identità esclusiva e imposizione dell’italianità ebbero molte conseguenze negative per la comunità slovena.
Dal dicembre 1923 non furono più permessi i nomi di battesimo di origine slava.
La storpiatura di cognomi e toponimi sloveni, portata avanti nel goriziano per decreto fascista, aveva il fine di cancellare memorie e cultura secolari della minoranza slovena - ma anche di quella di lingua tedesca -, contribuendo in molti casi a cancellarla irrimediabilmente.
Si trattò di una violazione dei diritti linguistici e culturali di queste comunità, una negazione della loro identità e della loro origine.
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L'antropologa Giustina Selvelli indaga la frontiera tra Italia e Slovenia, sovrapponendo la sua biografia personale, intima e soggettiva, alla storia della frontiera, delle genti che la abitano, delle politiche che la fanno sparire e poi riemergere a seconda dei casi.Un resoconto appassionante e documentato che getta luce su aspetti socio antropologici emblematici per comprendere che cosa significa abitare una terra di frontiera.