..nel corso degli interrogatori veneziani Bruno aveva chiaramente affermato, prendendo elegantemente le distanze dall’accusa di eresia materiale e formale:Io ho letto libri di Melanthone, di Luthero, di Calvino, et de altri heretici oltramontani, non già per imparar la loro dottrina, ne per valermene, stimandoli io più ignoranti di me, ma li ho letti per curiosità, et questi libri mai li ho tenuti appresso di me, intendendo de quelli, che ex professo trattano de materie contrarie, et repugnante alla fede catholica, che bene ho tenuto appresso di me altri libri de Auttori dannati, come di Raimondo Lullio, et altri, che hanno trattato de materie filosofiche. Et ad interrogationem respondet. Io disprezzo li sopradetti heretici, et dottrine loro, perchè non meritano nome di theologi, ma de pedanti, ma de dottori Ecclesiastici Catholici io ne fo quella stima, che devo, et particularmente di San Thomaso, che ho sempre come ho detto di sopra stimate, et amato da me come l’ anima mia, et che sia la verità ecco che nel mio libro intitolato de Monade, numero, et figura, carte, o pagine 89, dico in lode de S. Thomaso, quanto potete vedere, ostendens in dicto libro infrascripta verba videlicet ille omnis cuiuscumque Theologantium generis el Peripatheticorum in spetie philosophantum honor, atque lux Thomas Aquinas omnem.Pur riconoscendo, insomma, di aver letto libri di eretici e di persone condannate, fra’ Giordano rivendica a Venezia di averli consultati per curiosità, senza condividerne le tesi, giudicate anzi tali da non meritare neppure il nome di tesi teologiche, bensì di tesi di pedanti, ferma restando la sua stima verso i veri autori cattolici, in primis Tommaso d’Aquino. Perché a Roma non sono ritornate in mente al Papa e al Tribunale romano, particolarmente negli ultimi anni, oltre che la prodigiosa e sincera memoria di Bruno, anche quelle battute dello Spaccio della bestia trionfante in cui il Nolano rivendicava il proprio parlar chiaro e senza peli sulla lingua:Qua Giordano parla per volgare, nomina liberamente, dona il proprio nome a chi la natura dona il proprio essere; non dice vergognoso quel che fa degno la natura; non cuopre quel ch’ella mostra aperto; chiama il pane, pane; il vino, vino; il capo, capo; il piede, piede; e altre parti, di proprio nome; dice il mangiare, mangiare; il dormire, dormire; il bere, bere; e cossí gli altri atti naturali significa con proprio titoloBen più copioso fu il catalogo delle proposizioni eretiche che gli inquisitori levarono dai libri che portavano il suo nome e che egli aveva riconosciuti suoi… Perciò venne senza più convinto dal Sant’Uffizio di sostenere: che i mondi sono innumerabili; che le anime passano da uno in altro corpo, da uno in altro mondo; che la stessa anima può informare due corpi; che la magìa è buona e lecita; che lo Spirito Santo è un medesimo con l’anima del mondo, e che ciò volle significare Mosè dove disse che lo Spirito Santo si diffuse sulle acque a fecondarle; che il mondo è eterno; che Mosè operò miracoli per mezzo della magìa, nella quale andava avanti a tutti gli Egiziani; che egli stesso inventò le sue leggi; che le sacre Lettere non sono che un sogno; che il diavolo andrà salvo; che i soli Ebrei hanno per padre Adamo; che gli altri uomini traggono la loro origine dai progenitori che Iddio creò prima di Adamo; che Cristo non è Dio, che fu insigne mago, e che avendo gabbati gli uomini, meritamente fu impiccato e non crocifisso; che i profeti e gli apostoli furono uomini tristi, maghi, e che molti di loro furono pure appesi.L’iter processuale si concluderà diversi anni dopo, con un peculiare sprint finale nel corso del 1599, che approderà, come vedremo, a una sentenza romana conclusiva, nella quale Bruno sarà condannato come eretico negativo e impenitente.E. Morselli, Giordano Bruno. Commemorazione pronunciata nell’aula magna del Collegio romano (rivolta agli studenti delle Università di Roma e Torino), Torino-Napoli, L. Roux e c. editori, 1888, p. 62. Precisa l’Autore nelle iniziali Avvertenze: «Il 10 febbraio 1888 da parte del Comitato Universitario Centrale per il monumento da erigersi a Giordano Bruno nella Piazza Campo de’ Fiori, pervenivami l’invito di tenere il discorso di commemorazione nelle solenni onoranze che si sarebbero fatte in Roma il 26 dello stesso mese nell’Aula massima del Collegio Romano». Ancora così Morselli: «Ma mentre tutti i cuori – scrive Domenico Berti – dovrebbero inclinare a misericordia e tutti congiungersi amorevoli nel sentimento del perdono e della tolleranza [a motivo dell’anno giubilare, ndr], alle 10 del mattino del lunedì 17 febbraio 1600 un uomo di età fresca ancora, piccolo di statura, esile di corpo, con faccia scarna e impallidita dalla meditazione e dai dolori, con sguardo vivo e melanconico, coperto da una gialla veste su cui sono dipinte lingue di fuoco, incede verso un rogo preparato quasi nel centro della ...