C’è qualcosa di profondamente inquietante nella facilità con cui i diritti acquisiti possono essere cancellati. È come osservare un palazzo costruito mattoncino dopo mattoncino, anno dopo anno, crollare in pochi istanti sotto i colpi di una ruspa. Così ha fatto Donald Trump. Come una ruspa, con un colpo di penna e a poche ore dall’inizio del suo secondo mandato come presidente USA, ha iniziato a riscrivere le regole del gioco della diversità e inclusione nel mondo del lavoro americano, mettendo in congedo retribuito il personale federale che lavorava su iniziative di D&I, con l’intento di eliminare definitivamente le loro funzioni.
È bastato questo per scatenare un effetto domino senza precedenti. Hanno perso il lavoro anche i funzionari che guidavano i programmi di D&I dell’Università del Texas, di quella della Florida e degli altri istituti accademici degli Stati americani più conservatori. La stessa sorte l’hanno avuta i dipendenti dei colossi Meta, Amazon, McDonald’s, Walmart, Ford, Lowe’s, Harley-Davidson, Brown-Forman, John Deere e Tractor Supply che gestivano le politiche dedicate alle pari opportunità.
Un ordine esecutivo, una firma, pochi secondi. Zac. Smantellati decenni di Storia. E di storie. Non posso non pensare al movimento per i diritti civili negli Stati Uniti. A Rosa Parks che rifiuta di cedere il posto sull’autobus. Al sogno di Martin Luther King. Alle marce, pacifiche e non, agli arresti, ai sacrifici di vite umane, ai sit-in. Alle battaglie legali, alle sentenze della Corte Suprema, alle leggi faticosamente approvate dal Congresso. È stato un progresso lento, sì. Pagato a caro prezzo, sì, è vero anche questo. Ma costruito sulla tenacia di generazioni di attivisti e cittadini comuni che hanno osato sfidare lo status quo.
E ora? Mentre i sostenitori di Trump parlano di un ritorno alla vera meritocrazia, le aziende si trovano in un limbo kafkiano: da un lato, la necessità di attrarre e trattenere i talenti in un mercato sempre più competitivo; dall’altro, il rischio di finire nel mirino delle nuove disposizioni federali. Eppure, secondo il Wall Street Journal, nel 2024 le donne occupavano solo il 29% delle posizioni executive nelle principali aziende degli Stati Uniti del Nord, mentre la presenza di manager afroamericani e ispanici resta ancora drammaticamente sottodimensionata rispetto alla loro rappresentanza nella forza lavoro generale. Insomma, non è forse vero che le barriere invisibili esistono ancora? Eccome se esistono! Ecco perché è importante abbatterle con politiche imposte dall’alto. Ecco perché è importante concedere tempo al tempo affinché le cose cambino.Ma poco importa, ormai. Questa vicenda ci ha rivelato una verità fondamentale sulla natura del progresso sociale: non è mai veramente acquisito. È come un giardino che richiede cure costanti. Smetti di innaffiarlo per qualche giorno e le erbacce iniziano a prendere il sopravvento.
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