Épisodes

  • Bye Bye D&I
    Feb 12 2025
    C’è qualcosa di profondamente inquietante nella facilità con cui i diritti acquisiti possono essere cancellati. È come osservare un palazzo costruito mattoncino dopo mattoncino, anno dopo anno, crollare in pochi istanti sotto i colpi di una ruspa. Così ha fatto Donald Trump. Come una ruspa, con un colpo di penna e a poche ore dall’inizio del suo secondo mandato come presidente USA, ha iniziato a riscrivere le regole del gioco della diversità e inclusione nel mondo del lavoro americano, mettendo in congedo retribuito il personale federale che lavorava su iniziative di D&I, con l’intento di eliminare definitivamente le loro funzioni.
    È bastato questo per scatenare un effetto domino senza precedenti. Hanno perso il lavoro anche i funzionari che guidavano i programmi di D&I dell’Università del Texas, di quella della Florida e degli altri istituti accademici degli Stati americani più conservatori. La stessa sorte l’hanno avuta i dipendenti dei colossi Meta, Amazon, McDonald’s, Walmart, Ford, Lowe’s, Harley-Davidson, Brown-Forman, John Deere e Tractor Supply che gestivano le politiche dedicate alle pari opportunità.
    Un ordine esecutivo, una firma, pochi secondi. Zac. Smantellati decenni di Storia. E di storie. Non posso non pensare al movimento per i diritti civili negli Stati Uniti. A Rosa Parks che rifiuta di cedere il posto sull’autobus. Al sogno di Martin Luther King. Alle marce, pacifiche e non, agli arresti, ai sacrifici di vite umane, ai sit-in. Alle battaglie legali, alle sentenze della Corte Suprema, alle leggi faticosamente approvate dal Congresso. È stato un progresso lento, sì. Pagato a caro prezzo, sì, è vero anche questo. Ma costruito sulla tenacia di generazioni di attivisti e cittadini comuni che hanno osato sfidare lo status quo.
    E ora? Mentre i sostenitori di Trump parlano di un ritorno alla vera meritocrazia, le aziende si trovano in un limbo kafkiano: da un lato, la necessità di attrarre e trattenere i talenti in un mercato sempre più competitivo; dall’altro, il rischio di finire nel mirino delle nuove disposizioni federali. Eppure, secondo il Wall Street Journal, nel 2024 le donne occupavano solo il 29% delle posizioni executive nelle principali aziende degli Stati Uniti del Nord, mentre la presenza di manager afroamericani e ispanici resta ancora drammaticamente sottodimensionata rispetto alla loro rappresentanza nella forza lavoro generale. Insomma, non è forse vero che le barriere invisibili esistono ancora? Eccome se esistono! Ecco perché è importante abbatterle con politiche imposte dall’alto. Ecco perché è importante concedere tempo al tempo affinché le cose cambino.Ma poco importa, ormai. Questa vicenda ci ha rivelato una verità fondamentale sulla natura del progresso sociale: non è mai veramente acquisito. È come un giardino che richiede cure costanti. Smetti di innaffiarlo per qualche giorno e le erbacce iniziano a prendere il sopravvento.
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  • Così hanno fatto fuori Lidia Poët
    Jan 13 2025
    Quando Lidia Poët fu esclusa dalla professione forense, nel 1883, i giudici della Corte di Cassazione di Torino dovettero darsi un bel da fare per trovare motivazioni che giustificassero la loro decisione, dimostrandosi peraltro incredibilmente creativi. Poët aveva fatto tutto secondo le regole per guadagnarsi l’abilitazione alla professione, compresa la laurea a Torino nel 1881 con una tesi sul diritto di voto delle donne ed esami superati brillantemente. Eppure, nonostante l'iniziale benestare del Consiglio dell'Ordine torinese, il suo ingresso nella professione scatenò un'accesa controversia e i suoi meriti non bastarono a superare quello che, per l’epoca, era percepito come un problema insormontabile: era una donna.
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  • Com’eri vestita?
    Dec 16 2024
    Chi riesce a sopravvivere dopo essere stata abusata sessualmente e sceglie di denunciare il sopruso, invece, rischia di addentrarsi in un processo sociale chiamato “vittimizzazione secondaria”, per cui si presuppone, più o meno velatamente, che avrebbe potuto evitare lo stupro se solo… Se solo si fosse comportata in modo diverso, ad esempio. O se avesse evitato di lanciare quello sguardo. O se solo avesse indossato abiti meno provocanti.
    Non a caso, una delle prime domande poste ancora oggi nelle stazioni di polizia o nelle aule di giustizia alle vittime di violenza è: com’eri vestita quel giorno?
    A questa domanda si ispira la mostra – intitolata “Com’eri vestita?”, appunto – allestita a novembre al Palazzo di Giustizia di Milano che, ispirandosi a un progetto della University of Kansas e della University of Arkansas, racconta la storia di 17 donne abusate e violentate. Ogni storia è affiancata dalla rappresentazione fedele degli abiti indossati dalla vittima al momento dello stupro.
    Come ha detto Gino Cecchettin dopo l’annuncio dell’ergastolo per Filippo Turetta, “la sensazione è che abbiamo perso tutti come società. La violenza di genere non si combatte con le pene, bensì con la cultura. Come essere umano mi sento sconfitto. Come società, dobbiamo capire cosa è crudeltà e cosa è stalking. Aiutateci in questo percorso perché c'è tanto da fare”.
    Ne parlo con Antonino La Lumia, presidente dell’Ordine degli avvocati di Milano, che ha partecipato al suo allestimento.
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  • Molestie sul lavoro: quando POSH non sta per CHIC
    Nov 12 2024
    Caro collega, ti scrivo perché vorrei mettere nero su bianco alcune riflessioni su un argomento importante: le molestie sul lavoro. Cosa intendo? Beh, parlo di comportamenti inappropriati e offensivi tra collaboratori, di azioni che violano i confini personali, di avances sessuali indesiderate, ma anche di voci e dicerie che ledono la dignità altrui. Purtroppo, nonostante gli sforzi per promuovere ambienti di lavoro più rispettosi, questo rimane ancora un problema diffuso, soprattutto ai danni delle tue colleghe donne. E molto spesso, caro collega, siete voi uomini a essere i protagonisti dei comportamenti offensivi, anche se magari non ve ne rendete conto. Perché dico questo? Non solo perché sono diventata grande mentre nel mondo si diffondeva il movimento del #MeToo. Lo dico anche sulla base dei numeri.
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  • Dissing da panico (morale)
    Oct 15 2024
    Virilissimo o viralissimo? Con il loro dissing di metà settembre, Fedez e Tony Effe hanno ottenuto un (ennesimo e fugace) momento di gloria, oltre a qualche follower in più. Sulla pelle, però, delle rispettive ex compagne.

    Per chi si fosse perso qualche passaggio, ecco la storia in pochi punti essenziali:
    1. Prima dell’inizio dell’estate Tony Effe rilascia un’intervista in cui dichiara di aver rifiutato la proposta di Fedez di collaborare a una nuova canzone insieme (e decide di dedicarsi al progetto 'Sesso e samba');
    2. A settembre la canzone esce: si intitola 'Di Caprio'. La canta Fedez insieme a Niky Savage. Inizia il dissing.
    3. Pochi giorni dopo, infatti, Tony Effe esce con il suo '64 Bars' per RedBull in cui accusa Fedez di aver usato la sua brutta copia (Niky Savage) per il pezzo a cui si era rifiutato di collaborare;
    4. Fedez risponde con 'L’infanzia difficile di un benestante', un riferimento alle origini borghesi di Tony Effe, cresciuto nel centro di Roma;
    5. La canzone di risposta di Tony Effe s’intitola 'Chiara', e vi lascio solo immaginare a chi faccia riferimento;
    6. Nell’ultimo pezzo, 'Allucinazione collettiva', Fedez promette di chiudere “questa pagliacciata”.
    In effetti, il dissing finisce così. Non prima, però, di aver utilizzato le rispettive partner per completare le rime dei vari pezzi. Come si diceva all’inizio, gran parte del botta e risposta è stato costruito sulla pelle delle ex dei due rapper o sulle basi dei soliti cliché sessisti. Cito Tony Effe: “Go, go, la Chiara dice che mi adora”, “Ti piace uomo oppure donna”, “Mentre mi abbracciavi, stavi con Taylor Mega”. E cito Fedez, che non è da meno: “Scrivevi a mia moglie mentre mi abbracciavi / quelli come te io li chiamo infami”, “Mi spiace che Chiara ti abbia dato confidenza, almeno con te possiamo dire che ha fatto beneficenza”, “Hai passato più tempo a farti la ceretta che a farti Vittoria Ceretti”. Etc. etc. Insomma, ma non vi vergognate a dover tirare in ballo il corpo delle donne e la vostra presunta virilità per completare queste strofe?

    Per fortuna che c’è ancora qualche rapper che non ci sta. Come Frankie hi-nrg mc, che a proposito di questo dissing ha commentato: «‘Sti gentiluomini della rima non riescono proprio a non trattare le donne come accessori da usare, scambiare, buttare, schifare». Ben detto, Frankie!

    Ma il professor Pietro Saitta, l’ospite dell’ultima puntata di “Diverso sarà lei” che potete ascoltare cliccando qui in alto, non è d’accordo con noi. Secondo lui siamo vittime inconsapevoli del panico morale, un concetto ben noto ai sociologi e che ha provato ad applicare alla musica trap nel suo “Violenta Speranza. Trap e riproduzione del panico morale in Italia”, edito nel 2023 da Ombre Corte. Ascoltala anche tu, Frankie.
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    29 min
  • Donne e motori, gioie e dolori
    Sep 17 2024
    Sono in auto sulla A7, di rientro dalla pausa estiva. È mattina presto e abbiamo deciso di viaggiare in un giorno feriale, due fattori che ci permettono di godere di un traffico non particolarmente intenso. La nostra Fiesta Blu procede decisa, non fosse altro che per i camion che, a decine, occupano la seconda e terza corsia, rallentando a tratti la nostra corsa verso casa. Enormi convogli composti da due e più rimorchi che trasportano merci come pietre e la terra, legname, cereali, minerali, acciaio, marmo, carta e cartone, cemento, calce, piastrelle e ceramica. Li controllo attentamente e su nessuno dei tir mi sembra di notare donne alla guida, il che mi fa pensare che il cliché dell’uomo-camionista sia ancora perfettamente rispettato. Mi vengono in mente, a questo proposito, due proverbi ancora molto trendy tra i miei conoscenti più boomer: il classicissimo “donna al volante, pericolo costante” – di cui mi è sempre stato chiaro il significato, contrariamente alle sue motivazioni – e il più insidioso “donne e motori, gioie e dolori”. Di questo secondo non ho mai capito fino in fondo se, come il primo, sottintenda una presunta incapacità delle donne alla guida, tanto che al volante sarebbero talmente inette da procurare a chi le guarda sia gioie (dal ridere) che dolori (quelli fisici, dopo gli incidenti che provocherebbero), o se faccia invece riferimento al fatto che le donne, come i motori, sono in grado di regalare agli uomini grandi soddisfazioni, ma anche grandi problemi.Nessuna delle due alternative riesce a rasserenarmi e decido di trovare pace con uno spuntino in autogrill.
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    17 min
  • Il gatto a due code
    Jul 15 2024
    Quanti di voi conoscono il gatto a due code? Chiamato anche nekomata, trattasi di un felino appartenente alla mitologia giapponese dotato di poteri necromantici e sciamanici. Ciò che lo caratterizza, oltra alla capacità di muoversi sulle zampe posteriori, è la presenza di una seconda coda che si origina dalla stessa base da cui parte la prima. La sua comparsa avverrebbe, secondo le credenze, quando il felino raggiunge il decimo anno d’età – è questo, peraltro, il motivo per cui fino al XVII secolo ai cuccioli di gatto veniva mozzata la coda: per evitare che si trasformassero in temibili nekomata!
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    21 min
  • Carriere alias al Comune di Milano
    Jun 7 2024
    Aprendo il vocabolario Treccani alla voce carriera alias, si legge: ‘loc. s.le f. Procedura amministrativa che, sulla base di un accordo di riservatezza tra scuola o ateneo, studente e famiglia (nel caso in cui lo studente sia un minore), prevede la possibilità di modificare in registri e atti interni il nome anagrafico dello studente con quello scelto dallo studente stesso, nel caso che quest’ultimo sia una persona transessuale o abbia avviato un percorso di transizione’.
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